lunedì 13 luglio 2009

Suoni e profumi

Un vecchio suono è tornato per qualche ora la scorsa notte. Un suono che non sentivo da tanti anni. Una voce che pensavo appartenesse ormai al regno dei ricordi  e che dopo tanti anni aveva parecchie cose da raccontare.
Un po' diversa da quella che, da bambino, udivo provenire dal giardino di casa di mia nonna. Quello, il verso del grillo, era un canto sommesso che raccontava favole ai bambini e li accompagnava verso il sonno con il suo monotono cri cri. Quello che ho sentito ieri prima di addormentarmi doveva essere un lontano parente di quel grillo. Era un grillo cittadino che emetteva un verso acuto. Chissà se il fatto di trovarsi in una metropoli come Milano anziché in una cittadina di provincia gli procurava qualche preoccupazione. Soprattutto considerato che, nonostante la tarda ora, si trovava in una zona trafficata.

Mi sono accorto da tempo di questi suoni che appartengono alla campagna.
Da qualche anno una colonia di rospi mette casa in un laghetto artificiale a poca distanza dalla mia abitazione e tutte le notti, all'inizio della primavera, dà il suo concerto a beneficio, o maleficio, delle orecchie che lo ascoltano o sono costrette a subirlo.

In centro poi, in mezzo alle aiuole, si possono sentire le cicale che con il loro frinire continuo, per nulla turbato dallo sferragliare dei tram e dal rombo delle automobili, danno una piccola illusione di campagna in mezzo alla città.

Proviamo quindi a mescolare il profumo dei fiori che crescono in mezzo ad alcune di queste aiuole, a chiudere gli occhi eliminando sia i rumori esterni ed il puzzo di certi scarichi e immaginiamo di trovarci in campagna circondati da dall'erba alta, oppure al mare in una fresca pineta. La nostra piccola oasi mentale di pace è completa.

A questo punto possiamo anche provare a pensare che forse la Natura stia riconquistando piano piano gli spazi che erano suoi prima che fosse costretta a cederli a noi, genere umano, che non ci siamo certo dimostrati dei campioni nella gestione di questo patrimonio a nostra disposizione.

Speriamo solo che non si tratti di un frutto della nostra illusione mentale.

domenica 26 aprile 2009

Estati lontane e vampiri

Leggendo questo post non ho potuto fare a meno anche io di ricordare le mie estati ormai lontane passate a casa dei miei cugini in Sardegna.


Ho passato a casa loro periodi più o meno lunghi da quando avevo circa otto anni fino alla fine degli anni '80. A loro sono molto legato e di quelle vacanze conservo piacevoli ricordi.


I primi anni furono un po' traumatici per la verità. Io, figlio unico, arrivavo dalla città e mi ritrovavo in un contesto di paese con abitudini molto diverse rispetto alle mie. E naturalmente all'inizio mi trovavo un po' disorientato. Mi ritrovavo a svolgere una specie di "servizio militare" in cui ero la recluta e i cugini, in cinque tutti maschi, i nonni. Infatti, tutti più grandi di me, anche se uno solo di pochi giorni, facevano "branco" insieme per combinarmene di tutti i colori. Non certo con cattive intenzioni ma, presumo, con l'intento di togliermi un po' del guscio cittadino che mi avviluppava.


Uno dei tanti scherzi su cui ancora oggi amiamo soffermarci a fare quattro risate quando ci troviamo insieme era quello in cui volevano farmi credere che l'appartamento disabitato della casa dove abitavano e che veniva usato come soffitta fosse abitato da vampiri.


Avevo un po' di razionalità allora, che mi era stata inculcata e che mi faceva credere che tali esseri malvagi fossero solo il frutto dei racconti delle favole e che servissero solo per spaventare i bambini disobbedienti o, semplicemente, quelli che il pomeriggio dei giorni di sole non volevano stare rintanati in casa nelle ore di maggior caldo e volessero uscire a giocare lo stesso. In Sardegna di questi spiriti ne esistono svariati ma, a ben vedere, forse anche in altre regioni e Stati si tende a fare la stessa cosa.


Comunque, forte della mia cultura cittadina, non volevo assolutamente credere a questa presenza maligna. Mi era stato detto che un'intera famigliola si era installata al piano di sopra, proprio sopra la stanza dove dormivo io. Una famigliola di cui si conoscevano addirittura i nomi. Anselmo il babbo, Brigitta la mamma vampira e, ultimo, Succhiotto il figlioletto.


Bisogna dire, a onor del vero, che più sentivo parlare di queste presenze, più queste mie certezze si sfaldavano. I miei cugini si erano organizzati molto bene per architettare lo scherzo. Sotto la regia del fratello più grande, i bricconi avevano organizzato la trappola finale che avrebbe dovuto far saltare le ultime difese. Nella stanza dove era supposta la presenza dei vampiri avevano sistemato degli oggetti, tra cui una carrozzina per bambini. Oggetti che, manovrati nella penombra, avrebbero dovuto far intuire la presenza di esseri.


Sistemata la trappola, venni convocato alla presenza di Anselmo e della di lui famiglia. Fui accompagnato perché per la verità ero un po' dubbioso. Ma i dubbi dovevano essere fugati o confermati. Quando arrivai nella stanza dei misteri, al cospetto di Anselmo ci furono dei rumori e delle voci. Qualcosa si mosse e anche le mie ultime difese razionali saltarono. Feci uno scatto verso la porta di uscita e mi diedi ad una fuga precipitosa per le scale. Quando sentii la risata dei cugini ebbi una certezza. Sì ebbi la certezza che ero cascato in uno dei loro tranelli.

mercoledì 4 marzo 2009

In attesa dell'evento imprevisto noioso. Nota scherzosa

Che fare quando uno sente alla radio l'oroscopo per il giorno, quando chi legge dice "avrete un evento imprevisto noioso"?

Soprattutto quando chi ascolta si sta apprestando ad andare al lavoro in auto e ha appena tirato fuori la macchina dal garage?

Naturalmente, se ci crede, rimette a posto la macchina e si prende un giorno di ferie. Se non ci crede ha comunque due possibilità: far partire un gesto scaramantico nei confronti dell'infame iettatrice, in questo caso la tizia che legge l'oroscopo alla fine del giornale radio prima del "Ruggito del Coniglio", oppure fare finta di niente. In entrambi i casi aspetta che passi la giornata e presta più attenzione del solito al mondo che lo circonda onde fare in modo che l'evento imprevisto non si materializzi sottoforma di un ciclista, pedone, motociclista, autochenonrispettalaprecedenza, gommabucataecosìvia.

Cosa fare se l'evento imprevisto si materializza nel pomeriggio sottoforma di buco informatico soprattutto in presenza di un altro collega, anche lui del medesimo segno zodiacale? Si fa appello alla sfiga o alla legge di Murphy? O si stramaledice la menagramo della mattina?

E poi, dopo l'evento "catastrofico" del pomeriggio il fortunato torna a casa, sempre in auto, sempre con tutti i sensori all'erta nonsisamai e si aspetta di trovare a casa una contravvenzione, letteradilicenziamento, sfratto, lettera anonima, altrochedipeggiocipuòessere ma per fortuna, tornato a casa, nota che la sua buona stella si è limitata all'impasse informatico. Peraltro risolto.

Manca un'ora e mezza circa alla mezzanotte e quindi allo scadere della giornata. Il fortunato si appresta ad andare a dormire. Sperando che il letto non crolli sotto di lui.

Anche oggi è andata bene, alla faccia di chi aveva previsto il contrario!

martedì 17 febbraio 2009

Lo strano mistero della morte della lingua italiana

Altro che gialli con cadaveri rinvenuti all'interno di sarcofaghi in cantine polverose e sui quali indagano fior di investigatori con lente di ingrandimento, mantellina e cappello.

Ecco un delitto che si consuma alla luce del sole, tutti i giorni. Un delitto di cui conosciamo il colpevole. O i colpevoli. Ma per il quale non verrà mai emessa una sentenza di condanna.


La vittima non è un essere umano e nemmeno animale. E' però qualcosa di vivo perché è la lingua che utilizziamo tutti i giorni per comunicare.

Chi non si ricorda le orrende espressioni di qualche anno fa come per esempio "un attimino" per dire "un po'". "E' un attimino lento" che è già una contraddizione in termini visto che attimo è un sostantivo che indica uno spazio di tempo, di solito breve, mentre lento è qualcosa che ha a che fare con la velocità. O chi non inorridisce a sentire espressioni come "ti chiamo sul cellulare" immaginando una persona che sbraita chiamando l'amico mentre il povero cellulare viene schiacciato sotto il suo peso.

L'ultimo colpo che è stato inferto alla povera lingua di Dante e di Manzoni è di questi giorni. La pubblicità di una compagnia di servizi telefonici che invita i propri utenti a "ringare" un certo numero per ottenere informazioni su ristoranti, alberghi, ecc. ecc. Mi viene un travaso di bile ogni volta che la sento alla radio, a tradimento. E quando sono in macchina rischio ogni volta di uscire di strada.

Mi sembra un tale affronto, al pensiero di quando si andava a scuola e si scrivevano i temi in italiano cercando di prestare la massima attenzione alle parole e alla forma. Altrimenti i fogli corretti diventavano campi di battaglia e i voti calavano.

Ultimamente sembra che sia una moda inventare nuovi neologismi oppure usare termini anglosassoni quando la stessa espressione italiana renderebbe benissimo ciò che si sta dicendo. O, peggio ancora, nello scritto, utilizzare il cosiddetto "essemmese" con delle trasgressive "k" al posto del "ch" o della "c" dura. "Kiedere" al posto di "chiedere" o "kosa" al posto di "cosa". Il capufficio fra un po' diventerà un "kapò".

La chiamano l'evoluzione della lingua.

Di sicuro c'è una bella differenza fra l'italiano che parlavano Dante e Boccaccio e quello che usava Manzoni che, dopo aver scritto la prima versione dei "Promessi sposi" andò a risciacquare la lingua in Arno. Ed è giusto che la lingua si evolva, diventi più spedita, al passo con i tempi e che faccia tesoro di quello che arriva anche dalle altre culture con cui viene in contatto. Ma senza perdere la propria identità.

Certe espressioni come "ringare" al posto di "telefonare" sono un'offesa verso coloro che nei secoli hanno contribuito allo sviluppo e all'evoluzione della nostra lingua e sono un'offesa verso di noi che ascoltiamo e che in passato ci siamo applicati per imparare a utilizzarla in modo corretto. Sono un grave danno nei confronti di chi si sta formando una cultura, come bambini e ragazzi che vanno a scuola, ma anche degli stranieri che la stanno imparando.

E in tal senso la contaminano imbarbarendola gravemente.

domenica 15 febbraio 2009

Caravaggio con il cronometro

Per la prima volta sono andato a visitare la Pinacoteca di Brera.

Quest'anno il museo festeggia il bicentenario della fondazione e per l'occasione mette in mostra quattro opere di Caravaggio.

In mostra ci sono quattro dipinti. Due Cene in Emmaus che evidenziano due diversi stili pittorici. Uno volto ad una ricerca nella simbologia cristiana e l'altro più sobrio e volto alla gestualità e solennità dello spezzare del pane.
Gli altri due dipinti invece sono dedicati a tematiche profane e sono il famosissimo "Ragazzo con canestro di frutta" dipinto da Caravaggio mentre era a bottega a Roma dal Cavalier D'Arpino e l'altro, un "Concerto" che a quanto pare si dice frutto di una sperimentazione da parte dell'artista che avrebbe ritratto lo stesso modello in differenti pose.

Naturalmente questi quadri, essendo il pezzo forte della Pinacoteca, attraggono una moltitudine di gente appassionata d'arte. Per consentire quindi a tutti di poter apprezzare le opere, le entrate vengono scaglionate a gruppi ed ognuno ha diritto a 10 minuti di visita. Il tempo probabilmente varia a seconda del giorno e del flusso di visitatori, per cui chi decide di andare in un giorno festivo si armi di santa pazienza e soprattutto di un efficiente cronometro. Naturalmente per apprezzare queste opere ci vorrebbe molto più di dieci minuti e soprattutto anche meno folla per consentire di ammirare i quadri da diversi punti di vista e apprezzarne anche i minimi particolari.

Con il biglietto di ingresso è comunque possibile aggirarsi per tutto il museo (bisognerebbe farlo con in mano una piantina per non perdersi fra le varie sale) e ammirare opere d'arte di diverse epoche mettendosi a confronto con diversi periodi storici e stili pittorici.

La mostra "Caravaggio ospita Caravaggio" sarà ospitata fino al 29 marzo.

domenica 8 febbraio 2009

Imposizione

Imposizione: dal tardo latino impositio¯ne(m), dal part. pass. di impone°re 'mettere sopra (qualcosa o qualcuno)'.

s. f
.


  1. l'imporre (anche fig.): l'imposizione del nome; imposizione di un obbligo, di un tributo | imposizione delle mani, (relig.) rito che consiste nel porre le mani sul capo di una persona; nella liturgia cattolica ha lo scopo di consacrare o di benedire

  2. ciò che è imposto; ordine, ingiunzione, spec. in quanto costituisca un atto d'arbitrio, di prepotenza: non sopporto imposizioni da nessuno

  3. (fin.) il sottoporre qualcuno o qualcosa a imposta | il complesso delle imposte

  4. (tip.) impostazione.



Definzione tratta dal dizionario on line Garzanti www.garzantilinguistica.it

Nel secondo caso, l'imposizione non è quasi mai gradita. Un'imposizione non giustificata non produce altro che l'aumento della distanza che separa chi la fa e chi la subisce. In modo particolare un'imposizione che sia strumento politico asservito agli interessi di una sola parte.
Al contrario, un'imposizione giustificata da una seria argomentazione basata su una discussione civile ed informata dei dati in possesso da entrambe le parti è senz'altro meno dolorosa da parte di chi la subisce. Non allontana ma colma le distanza fra le parti in causa e soprattutto va nell'interesse di tutti.

sabato 7 febbraio 2009

Martedi 10 febbraio: Sit in di protesta pro Eluana

Vorrei segnalare l'iniziativa della "Consulta di Bioetica" che organizza in alcune città italiane un Sit In di protesta contro le decisioni del governo italiano in merito alla dolorosa vicenda di Eluana Englaro.

A Milano, Torino, Bologna, Verona, Roma e Pisa alle 17,30 di martedì 10 febbraio si svolgeranno delle manifestazioni nelle seguenti località:

Milano: Piazza San Babila,
Torino: Piazza San Carlo,
Pisa: Largo Ciro Menotti,
Roma: Campo dei Fiori,
Bologna: Piazza Nettuno,
Verona: Piazza Bra.

Maggiori informazioni su www.consultadibioetica.org

venerdì 6 febbraio 2009

Senza parole

Una persona in Italia non si vuol assumere la responsabilità di "ucciderne" un'altra, ma si sta assumendo la responsabilità di uccidere la democrazia.

mercoledì 4 febbraio 2009

Dionigi e gli altri

Fra tutti gli esponenti religiosi, quello che fino ad ora si è distinto in meglio sulla dolorosa vicenda di Eluana Englaro è l'arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi.

Pur essendo un sacerdote e quindi portatore di determinate convinzioni in fatto di vita umana, la sua unica indicazione è stata quella di rispettare il silenzio e di stringersi in preghiera vicino ai familiari della ragazza.

Eletto arcivescovo di Milano nel 2002, il cardinale Tettamanzi ha sempre avuto uno stile pacato, molto vicino alla gente, anche a chi non è credente, in controtendenza con quello di molti alti prelati della Chiesa Cattolica. Basti pensare alle sue dichiarazioni in merito alle coppie che scelgono la via della convivenza rispetto a quella del matrimonio, alle quali la Chiesa deve essere comunque vicina, alle sue posizioni in merito al Concilio e alle altre confessioni religiose, alla sua decisione concreta di aprire un fondo per assistere le vittime della recessione.

Avrebbe potuto essere eletto Papa nel 2005 contribuendo ancora di più a creare una Chiesa più aperta e disponibile ai bisogni delle persone. Persone come lui avvicinano le persone alla Chiesa anziché allontanarla, come purtroppo sta succedendo in questi ultimi anni.

Il 22 febbraio verrà in visita nella nostra Parrocchia e spero di poterlo andare a vedere.




Foto da Wikipedia

martedì 3 febbraio 2009

Finalmente libero...

Dopo quasi tre settimane di immobilità, il mio braccio e spalla sinistra sono finalmente tornati in libertà.

Naturalmente, come dopo tutte le prigionie, non ci si poteva aspettare che il carcerato godesse di ottima salute e tornasse allegro e pimpante come prima dell'infortunio.

Faccio un po' di fatica a usare tutte e due le braccia e piano piano mi tocca reimparare tutti i movimenti.

Durante queste due settimane di "blocco" ho imparato a lavarmi i denti con la mano destra, a scrivere al pc usando una sola mano. Un po' difficoltoso fare ctrl-alt-canc o usare certe combinazioni di tasti.

Ho imparato a reggere un libro e girare la pagina con una mano sola e a fare tante altre cose usando un solo braccio e una sola mano. Non ho imparato solo a scrivere con la destra.

Però ho capito che cosa significa la disabilità e la frustrazione di non riuscire a fare tutto e doversi far aiutare per cose elementari tipo abbottonarsi i pantaloni, allacciarsi le scarpe o semplicemente doversi tagliare la carne per il pranzo.
La mia era una situazione temporanea, ma capisco il dramma di chi per traumi o incidenti vari si trova a vivere questa situazione in modo permanente.

sabato 31 gennaio 2009

Piccoli miracoli della Natura

Si è parlato nei giorni passati della "Turritopsis nutricula", una medusa originaria dei mari caldi dei Caraibi che possiede una peculiarità importante e invidiabile.
E' infatti una delle poche specie viventi che, tramite un processo biologico chiamato transdifferenziazione, riesce a invertire il proprio ciclo vitale guadagnando potenzialmente l'immortalità.

Potenzialmente, perché non è possibile dimostrare effettivamente che questo organismo si comporti così in un ciclo infinito. Ci vorrebbe una squadra di scienziati che per millenni dovrebbero alternarsi su un singolo esemplare e studiarne la sua evoluzione. Potenzialmente perché, per quanto ben congegnato, anche questo meccanismo evolutivo non penso che possa sottrarsi al ciclo naturale di nascita, vita e morte caratteristico di tutti gli organismi viventi in natura. Anche una pietra, a ben vedere, per quanto non sia un essere vivente, è soggetta al deterioramento a causa delle condizioni ambientali. Se ci pensiamo bene, le stesse batterie ricaricabili che usiamo nei cellulari, per quanto trattate bene, hanno un numero di ricariche limitato e dopo un po' vanno sostituite.

L'ultimo dubbio che mi viene circa la presunta immortalità di questo organismo è la sua capacità di riproduzione. Infatti che bisogno ha un organismo che potenzialmente può vivere in eterno di riprodursi? Probabilmente per far fronte alle perdite dovute a predatori o al fatto che magari non tutti gli esemplari raggiungono lo stadio riproduttivo dopo il quale la specie acquisisce la sua singolare peculiarità.

In ogni caso gli scienziati sono preoccupati proprio dal fatto che l'organismo riproducendosi si diffonde anche nei nostri mari, complici le navi di passaggio ai cui scafi gli esemplari si aggrappano e il riscaldamento globale.

Al di là comunque dei danni che possa fare, mi sembra un piccolo miracolo della Natura. L'ennesimo suggerimento che ci dà per poterlo riprodurre ed usare a nostro vantaggio per migliorare la vita degli esseri umani  ed allungarne l'aspettativa.


Foto da www.corriere.it

venerdì 30 gennaio 2009

Blog di un'assistente di volo

Leggendo le news on line di Repubblica mi sono imbattuto in un articolo che parlava del blog di un'assistente di volo di una compagnia low cost.
Ho fatto appena in tempo a leggere qualcosa prima che la proprietaria, evidentemente per paura di ritorsioni da parte della compagnia aerea, lo "bloccasse" al pubblico rendendolo visibile solo ad una cerchia ristretta di utenti.

Innanzitutto mi piacerebbe nuovamente poterlo leggere. Magari colei che lo tiene potrebbe mascherarsi con un anonimo nome di fantasia, togliendo le foto personali e tutti quegli indizi che più o meno volontariamente uno mette e che potrebbero far risalire alla sua identità.

Era una serie di aneddoti molto divertenti riguardanti la varia umanità che circola a bordo degli aerei di linea e che ne metteva a nudo vizi e virtù. Soprattutto vizi per la verità. Problemi con cui si confronta quotidianamente chi fa questo lavoro molto invidiato, ma anche molto pesante e per il quale ci vuole una buona dose di qualità tra cui una buona dose di pazienza e psicologia.
Certi passeggeri, una volta a bordo, sembra che si trasformino in bambini e ci vuole un buon polso a tenerli a bada.

Personalmente viaggio poco in aereo e quando lo faccio  son sempre viaggi brevi, un'ora e mezza al massimo. Mi dispiace un po' perché fin da bambino ho avuto una particolare passione per questo mezzo di trasporto e, per quanto mi è possibile, cerco di seguire il mondo aeronautico.

Naturalmente, sia prima di salire a bordo che una volta sopra, cerco di osservare scrupolosamente tutte le regole perché so che sono imposte per garantire la sicurezza di chi viaggia.

Una sola volta mi capitò di fare una figuraccia a Linate, arrivando da Olbia. La cosa fu particolarmente "grave" per me perché avevo superato la maggiore età, avevo viaggiato diverse volte da solo e mi consideravo un "veterano" dei viaggi aerei.
Quella volta, in atterraggio, l'aereo arrivò un po' "lungo" e utilizzò quasi tutta la pista. Prima di imboccare il raccordo che immette sul piazzale ci fermammo per qualche istante probabilmente per lasciar passare qualche altro aereo diretto dall'altra parte della pista per partire.
Senza rendermi conto che eravamo ancora sulla pista pensai che fossimo arrivati e, unico in tutto l'aereo, mi alzai per prendere il mio bagaglio. A quel punto sentii una mano che con decisione mi prese per una spalla e mi costrinse a sedermi. Era la hostess qualche fila dietro di me.
Non avevamo ancora parcheggiato!!!


Cartoline dal cielo: sopra le nuvole

La verità come la punta di un iceberg

Mi hanno insegnato a non dire bugie. Che la verità è una sola e come un gioco di sudoku ammette una sola soluzione.
Leggo oggi sul giornale le "verità" dei vescovi negazionisti sull'Olocausto, le "verità" di terroristi sulle loro fughe in paesi latinoamericani, le "verità" di oscuri personaggi italiani sul recente passato del nostro Paese.
Ognuno racconta una sua verità che appare torbida e mutevole a seconda di come la si guardi.
Una verità che appare solo in minima parte. Come la punta di un iceberg ci appare bianca e lucente ma nasconde una moltitudine di insidie e impurità nella parte sommersa.


giovedì 29 gennaio 2009

Ateo Bus a Genova e simboli religiosi in genere

Qualche settimana fu annunciata una singolare campagna pubblicitaria da parte dell'Uaar, Unione Atei, Agnostici e razionalisti. Consisteva nel far circolare gli autobus del servizio urbano con una decalcomania con le seguenti parole: "La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne avrai bisogno".
La cosa fu subito messa in relazione con due fatti. Il primo è che Genova è la città del vescovo Bagnasco, capo della Conferenza Episcopale Italiana. La seconda è che Genova ospiterà la parata del Gay Pride il 13 giugno, in coincidenza con la processione religiosa del Corpus Domini, fatto contestato dalla curia locale.

Tralasciando di discutere sul fatto che celebrare l'Orgoglio Omosessuale il giorno di una ricorrenza religiosa sia o no di cattivo gusto, la proposta di far circolare questi mezzi ha suscitato enorme scalpore e una ridda di polemiche da parte delle autorità religiose e politiche, sia a livello locale che nazionale.

Quando lessi la notizia il mio primo pensiero fu quello di una goliardata e mi misi a ridere pensando alle reazioni che si sarebbero di lì a poco scatenate. Non ultima la reazione degli stessi autisti che si appellavano all'"Obiezione di Guida" in nome dell'obiezione di coscienza prevista in leggi ben più importanti come la 194 per l'interruzione volontaria di gravidanza. Come se il compito dell'autista non fosse quello di portare un mezzo pubblico con delle persone sopra ma la pubblicità sopra appiccicata.
Poi a cosa si sarebbe arrivato? Cittadini che aspettano sotto la pioggia un mezzo per diversi minuti e poi rifiutano di salirci perché in contrasto con la pubblicità? E magari aspettano il mezzo successivo, strapieno di altri "obiettori" come loro?
Si assiste alla millenaria lotta fra istituzioni cittadine legate allo stato laico e istituzioni religiose, nel pieno rispetto della tradizione Comunale di Guelfi e Ghibellini, in lotta per la supremazia. I primi per far valere i diritti della Stato laico e costituzionale i secondi per cercare di recuperare spazi, consensi e credibilità che perdono ogni giorno.
La notizia di oggi è che l'Uaar, che si è vista bocciare il primo progetto, è ritornata con un altro slogan, stavolta più "soft" che recita "La buona notizia è che in Italia ci sono milioni di atei. L'ottima è che credono nella libertà di espressione".
Da credente penso che effettivamente la prima scritta fosse eccessiva e offendesse la coscienza di gran parte dei cittadini.

In altre città d'Europa la pubblicità è andata in giro, non senza polemiche. In Italia soffriamo della vicinanza del Vaticano che ci imbriglia e ci impedisce, complice una classe politica troppo arrendevole e ossequiosa nei confronti del clero, di diventare un paese evoluto e capace di pensare in maniera illuminata, pur conservando quei valori che sono alla base della religione, ma che garantiscano il rispetto delle differenze di pensiero e di cultura. La pubblicità dell'Uaar che circolerà prossimamente a Genova è un pubblicità illuminata, in contrasto con quella "forte" che era stata pensata all'inizio.

Mi vengono in mente le polemiche senza fine sui crocefissi nei luoghi pubblici.
La Costituzione della Repubblica Italiana nell'Articolo 8 stabilisce il principio di laicità e tolleranza religiosa. Si riconosce che la religione cristiana, in particolare quella Cattolica, è la religione principale in quanto professata dalla maggioranza dei cittadini, ma non è la religione di stato e tutte le altre confessioni hanno pari dignità.

Tenendo conto che in un ufficio aperto al pubblico, ma anche in un ospedale o una scuola vengono a contatto cristiani, ma anche atei o di altre confessioni e senza giungere agli estremi di chi dice che il crocefisso rappresenta solo un cadaverino, perché uno Stato che si proclama laico deve imporre, mostrando in evidenza, un simbolo religioso che appartiene solo a una parte dei suoi cittadini? Questo senza impedire a chi vi lavora di indossare o mostrare nel proprio ambito personale ed in modo discreto i simboli della propria cultura e religione.

mercoledì 28 gennaio 2009

Il vescovo Williamson, una spina nel fianco della Chiesa Cattolica

Ha destato enorme scalpore ed un mare di polemiche la remissione della scomunica di quattro vescovi Lefebvriani il 24 gennaio da parte di Papa Benedetto XVI.

Fra di loro il vescovo Richard Williamson, noto per le sue teorie negazioniste. Egli infatti sostiene con forza che la Shoah è una pura invenzione degli ebrei e che in base alle sue prove nei campi di concentramento nazisti son morte "appena" trecentomila persone in confronto ai sei milioni che tutti conosciamo.

Queste dichiarazioni hanno suscitato naturalmente la reazione e lo sdegno di buona parte della comunità mondiale, in modo particolare perché la sentenza di remissione della scomunica di questi quattro vescovi è giunta a pochi giorni dalla celebrazione mondiale della Giornata della Memoria in cui si ricordano appunto i morti dei campi di sterminio nazisti.

Sono note infatti le posizioni dei Lefebvriani in merito al Concilio Vaticano II in quanto non hanno mai voluto accettare quanto stabilito alla fine dei Lavori.
Fra i documenti redatti al termine dei lavori del Concilio vi è la dichiarazione Nostra Aetate che riconosce "semi di verità" nelle altre chiese cristiane e nelle altre confessioni religiose. In modo particolare questa dichiarazione contiene l'abbandono dell'antisemitismo teologico, poiché per secoli gli ebrei erano deprecati e disprezzati dalle comunità cristiane in quanto responsabili della morte di Gesù.
Queste ed altre dichiarazioni non sono mai state ricevute dai seguaci di Monsignor Lefebvre in quanto considerate troppo in distacco con la tradizione cattolica.

La Chiesa purtroppo non è nuova a passi falsi di questo genere. L'iniziativa di riaccogliere al suo interno i cristiani che hanno smarrito la strada verso la salvezza è sicuramente apprezzabile e buona e rispecchia il dettato evangelico, ma
chi ottiene il perdono ne deve essere degno.

Chi nega l'Olocausto di sei milioni di persone e lo riduce ad "appena" due o trecentomila vittime, nonostante le testimonianze di chi da quella prova tremenda ne è uscito vivo, si rende complice di un crimine terribile e come tale non è degno di far parte della comunità cristiana e soprattutto non è degno di vestire l'abito sacerdotale in quanto non solo offende un popolo, ma offende l'intero genere umano, che comprende credenti e non, ed offende le stesse basi della propria fede.

martedì 27 gennaio 2009

Un momento per non dimenticare

Oggi nel mondo si celebra la "Giornata della Memoria".

Sessantaquattro anni fa venivano liberati i prigionieri sopravvissuti al campo di sterminio nazista di Aushwitz. Ed il mondo venne a conoscenza del più terribile crimine commesso durante il periodo del nazismo. Il sacrificio di sei milioni di ebrei ed altre minoranze "indesiderate" voluto espressamente dal Fuhrer in persona e che comunemente chiamiamo "Olocausto".

Questo termine deriva dal greco holos "completo" e caustos "rogo" ed indica i sacrifici che venivano richiesti al popolo ebraico dalla Torah e che riguardavano animali. Proprio per questo motivo gli ebrei preferiscono invece utilizzare il termine Shoah che significa "calamità" e "desolazione".

Si stima, sia in base alla documentazione lasciata dai tedeschi che in base alle testimonianze dei sopravvissuti e alla statistica, che le vittime tra gli ebrei residenti in Europa siano state sei milioni. A queste vittime vanno aggiunti anche zingari, omosessuali, testimoni di Geova ed altre categorie di "indesiderabili" la cui unica colpa era quella di non essere considerati puri agli occhi del Fuhrer.
Le vittime dei campi venivano sottoposte ad ogni forma di violenza, sia fisica che psicologica. I più deboli, da un punto di vista anche più fortunati, venivano uccisi con il gas e bruciati. Spesso ad occuparsi del loro "smaltimento" nei forni crematoi erano i loro stessi compagni.
Come per gli animali, alcuni di questi cadaveri erano "riciclati". Dai capelli delle donne si ricavava il feltro e le dentiere erano una miniera d'oro. Tra le altre crudeltà imposte, alcuni prigionieri erano usati come cavie per esperimenti scientifici. Con conseguenze spesso tragiche.

Nonostante tutte queste testimonianze, alcune persone, purtroppo presenti anche all'interno delle gerarchie ecclesiastiche, tendono a minimizzare questi fatti, altri a negarli del tutto, nonostante la presenza di testimonianze attendibili, di fotografie e degli stessi Lager ancora in piedi. Monumenti alla stupidità umana che vengono visitati ogni anno da migliaia di turisti.

Si dice che la Storia dovrebbe insegnare qualcosa alle persone, invece dopo la Seconda Guerra Mondiale sono nati diversi gruppi di neonazisti, formati spesso da giovanissimi che quel perido non hanno vissuto e che inneggiano all'odio verso gli ebrei e tutte le altre minoranze etniche e religiose indesiderabili. Proprio come faceva Adolf Hitler, da queste persone considerato un vero e proprio modello al quale fare riferimento.

Nel giorno della Memoria bisognerebbe ricordare però tutti gli altri "olocausti" avvenuti anche dopo la guerra. I motivi alla fine sono sempre gli stessi. La malvagità umana che tende a considerare un'altra persona indesiderabile solo perché ha degli stili di vita, un credo religioso o semplicemente un'etnia diversa dalla propria.
Senza andare troppo lontano nel tempo, basta pensare alle pulizie etniche operate dai Serbi in Kosovo o in Bosnia Herzegovina oppure a quelle quasi quotidiane che avvengono in Africa e che troppo spesso vengono ignorate dai mezzi di comunicazione di massa. Per non parlare poi della carneficina avvenuta nei giorni scorsi in Palestina a Gaza, dove gli israeliani si sono trasformati da vittime in carcerieri (e purtroppo anche carnefici) in nome della difesa del loro Stato.

Per non dimenticare, vorrei chiudere questo post con le parole di un illustre testimone oculare, lo scrittore Primo Levi.
Sopravvissuto alla tremenda prova del lager perché essendo laureato in chimica era considerato utile al regime nazista, è rimasto vittima dell'angoscia di quella terribile esperienza. Nel suo libro "Se questo è un Uomo" ci ha lasciato queste parole:

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

giovedì 22 gennaio 2009

Un salto indietro nel tempo

Grazie alla mia amica Maria che dopo 22 anni mi ha consentito di riascoltare e, finalmente, di conoscere il titolo di una canzone.

Anche allora per un infortunio ero bloccato a casa, ingessato senza la possibilità di muovermi. Oltre a cercare di rimanere in pari con la scuola, per non annoiarmi, ascoltavo moltissimo la radio.

Tra le tante canzoni ce n'era una che mi rimase particolarmente impressa, ma il cui titolo per tutti questi anni è rimasto un mistero, anche perché riuscire a sentirla alla radio era un evento raro.

Oggi questo mistero è stato svelato grazie a Facebook e alla possibilità di condividere link e video.

La canzone era di un gruppo tedesco chiamato Propaganda, attivo fra il 1980 e il 1995. Il titolo è Duel e parla dell'ultimo atto di una relazione fra due persone, finita evidentemente male.





Propaganda - Duel

Eye to eye stand winners and losers
hurt by envy, cut by greed
face to face with their own disillusion
the scars of old romances still on their cheeks
and when blow by blow the passion dies sweet little death
just have been lies the memories of gone by time
would still recall the lie

the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming

it's too late the decision is made by fate
time to prove what forever should last
whose feelings are so true as to stand the test
whose demands are so strong as to parry all attempts
and when blow by blow the passion dies sweet little death
just have been lies the memories of gone by time
would still recall the lie

the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming

the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming
the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming
the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will leave you on your knees
you start bleeding I start screaming

(C) 1985


mercoledì 21 gennaio 2009

Chiude la "Libreria del Giallo"

C'ero andato la prima volta nell'autunno del 2007 per assistere alla presentazione del libro di Patrick Fogli "Fragile" che veniva presentato da Marcello Fois che, oltre ad essere una delle migliori penne in Italia per quanto riguarda gialli e noir, è anche una mia vecchia conoscenza.

Tutte le volte che ci sono andato, dopo, ho sempre trovato la stessa atmosfera di aggregazione e di convivialità che nasce dal fatto di riunire in modo informale gente accomunata dalla passione per la lettura insieme agli scrittori che lì si riuniscono per essere a contatto con il pubblico e capire quali sono i suoi desideri.

Ora questa libreria, che è a Milano vicino all'Arco della Pace, chiude e vende i libri al 30% di sconto. Chiude con buona pace della Cultura che muore ogni giorno di più. Chiude come probabilmente chiuderanno tante altre librerie a vantaggio della cultura globalizzata e di grandi e purtroppo asettiche librerie dove l'unica interazione che si ha con un impiegato è quella di farsi aiutare a cercare un libro, attendere pazientemente che questi digiti il titolo su un computer e, dopo essere scomparso per qualche minuto dietro uno scaffale, ritorni con il libro che si cercava.

E questo purtroppo accade spesso con la complicità o il tacito assenso di amministrazioni comunali sempre più strette da debiti e costrette a fare cassa sacrificando quste piccole realtà a favore di attività che garantiscano affitti più redditizi, sena considerare i sacrifici di chi, per passione, spesso vende la propria casa per poter intraprendere l'attività che sognava da tempo.

Per chi fosse interssato e si trovasse a Milano, la Libreria del Giallo si trova in via Peschiera 1, poco lontano dall'Arco della Pace.

martedì 20 gennaio 2009

Scusate per l'assenza

Dunque, dove eravamo rimasti?
Ai sogni notturni un po' strani. Poi una lunga pausa.
Questi giorni sono a casa, bloccato con una spalla rotta a causa di uno scivolone sul ghiaccio.
Fino al 5 febbraio dovrò rimanere con un braccio al collo, utilizzando quello sano per fare tutto quello che si riesce a fare con un braccio solo.
La pausa aiuta la distensione, il pensiero.
Non potendo uscire di casa, salvo che per gli esami che consentiranno di verificare che il danno si stia riparando, posso solo dedicarmi con calma alla lettura di libri e di giornali. E anche al cazzeggiamento al PC così son passato a togliere le tre o quattro dita di polvere che nel frattempo si erano accumulate qua dentro...