sabato 31 gennaio 2009

Piccoli miracoli della Natura

Si è parlato nei giorni passati della "Turritopsis nutricula", una medusa originaria dei mari caldi dei Caraibi che possiede una peculiarità importante e invidiabile.
E' infatti una delle poche specie viventi che, tramite un processo biologico chiamato transdifferenziazione, riesce a invertire il proprio ciclo vitale guadagnando potenzialmente l'immortalità.

Potenzialmente, perché non è possibile dimostrare effettivamente che questo organismo si comporti così in un ciclo infinito. Ci vorrebbe una squadra di scienziati che per millenni dovrebbero alternarsi su un singolo esemplare e studiarne la sua evoluzione. Potenzialmente perché, per quanto ben congegnato, anche questo meccanismo evolutivo non penso che possa sottrarsi al ciclo naturale di nascita, vita e morte caratteristico di tutti gli organismi viventi in natura. Anche una pietra, a ben vedere, per quanto non sia un essere vivente, è soggetta al deterioramento a causa delle condizioni ambientali. Se ci pensiamo bene, le stesse batterie ricaricabili che usiamo nei cellulari, per quanto trattate bene, hanno un numero di ricariche limitato e dopo un po' vanno sostituite.

L'ultimo dubbio che mi viene circa la presunta immortalità di questo organismo è la sua capacità di riproduzione. Infatti che bisogno ha un organismo che potenzialmente può vivere in eterno di riprodursi? Probabilmente per far fronte alle perdite dovute a predatori o al fatto che magari non tutti gli esemplari raggiungono lo stadio riproduttivo dopo il quale la specie acquisisce la sua singolare peculiarità.

In ogni caso gli scienziati sono preoccupati proprio dal fatto che l'organismo riproducendosi si diffonde anche nei nostri mari, complici le navi di passaggio ai cui scafi gli esemplari si aggrappano e il riscaldamento globale.

Al di là comunque dei danni che possa fare, mi sembra un piccolo miracolo della Natura. L'ennesimo suggerimento che ci dà per poterlo riprodurre ed usare a nostro vantaggio per migliorare la vita degli esseri umani  ed allungarne l'aspettativa.


Foto da www.corriere.it

venerdì 30 gennaio 2009

Blog di un'assistente di volo

Leggendo le news on line di Repubblica mi sono imbattuto in un articolo che parlava del blog di un'assistente di volo di una compagnia low cost.
Ho fatto appena in tempo a leggere qualcosa prima che la proprietaria, evidentemente per paura di ritorsioni da parte della compagnia aerea, lo "bloccasse" al pubblico rendendolo visibile solo ad una cerchia ristretta di utenti.

Innanzitutto mi piacerebbe nuovamente poterlo leggere. Magari colei che lo tiene potrebbe mascherarsi con un anonimo nome di fantasia, togliendo le foto personali e tutti quegli indizi che più o meno volontariamente uno mette e che potrebbero far risalire alla sua identità.

Era una serie di aneddoti molto divertenti riguardanti la varia umanità che circola a bordo degli aerei di linea e che ne metteva a nudo vizi e virtù. Soprattutto vizi per la verità. Problemi con cui si confronta quotidianamente chi fa questo lavoro molto invidiato, ma anche molto pesante e per il quale ci vuole una buona dose di qualità tra cui una buona dose di pazienza e psicologia.
Certi passeggeri, una volta a bordo, sembra che si trasformino in bambini e ci vuole un buon polso a tenerli a bada.

Personalmente viaggio poco in aereo e quando lo faccio  son sempre viaggi brevi, un'ora e mezza al massimo. Mi dispiace un po' perché fin da bambino ho avuto una particolare passione per questo mezzo di trasporto e, per quanto mi è possibile, cerco di seguire il mondo aeronautico.

Naturalmente, sia prima di salire a bordo che una volta sopra, cerco di osservare scrupolosamente tutte le regole perché so che sono imposte per garantire la sicurezza di chi viaggia.

Una sola volta mi capitò di fare una figuraccia a Linate, arrivando da Olbia. La cosa fu particolarmente "grave" per me perché avevo superato la maggiore età, avevo viaggiato diverse volte da solo e mi consideravo un "veterano" dei viaggi aerei.
Quella volta, in atterraggio, l'aereo arrivò un po' "lungo" e utilizzò quasi tutta la pista. Prima di imboccare il raccordo che immette sul piazzale ci fermammo per qualche istante probabilmente per lasciar passare qualche altro aereo diretto dall'altra parte della pista per partire.
Senza rendermi conto che eravamo ancora sulla pista pensai che fossimo arrivati e, unico in tutto l'aereo, mi alzai per prendere il mio bagaglio. A quel punto sentii una mano che con decisione mi prese per una spalla e mi costrinse a sedermi. Era la hostess qualche fila dietro di me.
Non avevamo ancora parcheggiato!!!


Cartoline dal cielo: sopra le nuvole

La verità come la punta di un iceberg

Mi hanno insegnato a non dire bugie. Che la verità è una sola e come un gioco di sudoku ammette una sola soluzione.
Leggo oggi sul giornale le "verità" dei vescovi negazionisti sull'Olocausto, le "verità" di terroristi sulle loro fughe in paesi latinoamericani, le "verità" di oscuri personaggi italiani sul recente passato del nostro Paese.
Ognuno racconta una sua verità che appare torbida e mutevole a seconda di come la si guardi.
Una verità che appare solo in minima parte. Come la punta di un iceberg ci appare bianca e lucente ma nasconde una moltitudine di insidie e impurità nella parte sommersa.


giovedì 29 gennaio 2009

Ateo Bus a Genova e simboli religiosi in genere

Qualche settimana fu annunciata una singolare campagna pubblicitaria da parte dell'Uaar, Unione Atei, Agnostici e razionalisti. Consisteva nel far circolare gli autobus del servizio urbano con una decalcomania con le seguenti parole: "La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne avrai bisogno".
La cosa fu subito messa in relazione con due fatti. Il primo è che Genova è la città del vescovo Bagnasco, capo della Conferenza Episcopale Italiana. La seconda è che Genova ospiterà la parata del Gay Pride il 13 giugno, in coincidenza con la processione religiosa del Corpus Domini, fatto contestato dalla curia locale.

Tralasciando di discutere sul fatto che celebrare l'Orgoglio Omosessuale il giorno di una ricorrenza religiosa sia o no di cattivo gusto, la proposta di far circolare questi mezzi ha suscitato enorme scalpore e una ridda di polemiche da parte delle autorità religiose e politiche, sia a livello locale che nazionale.

Quando lessi la notizia il mio primo pensiero fu quello di una goliardata e mi misi a ridere pensando alle reazioni che si sarebbero di lì a poco scatenate. Non ultima la reazione degli stessi autisti che si appellavano all'"Obiezione di Guida" in nome dell'obiezione di coscienza prevista in leggi ben più importanti come la 194 per l'interruzione volontaria di gravidanza. Come se il compito dell'autista non fosse quello di portare un mezzo pubblico con delle persone sopra ma la pubblicità sopra appiccicata.
Poi a cosa si sarebbe arrivato? Cittadini che aspettano sotto la pioggia un mezzo per diversi minuti e poi rifiutano di salirci perché in contrasto con la pubblicità? E magari aspettano il mezzo successivo, strapieno di altri "obiettori" come loro?
Si assiste alla millenaria lotta fra istituzioni cittadine legate allo stato laico e istituzioni religiose, nel pieno rispetto della tradizione Comunale di Guelfi e Ghibellini, in lotta per la supremazia. I primi per far valere i diritti della Stato laico e costituzionale i secondi per cercare di recuperare spazi, consensi e credibilità che perdono ogni giorno.
La notizia di oggi è che l'Uaar, che si è vista bocciare il primo progetto, è ritornata con un altro slogan, stavolta più "soft" che recita "La buona notizia è che in Italia ci sono milioni di atei. L'ottima è che credono nella libertà di espressione".
Da credente penso che effettivamente la prima scritta fosse eccessiva e offendesse la coscienza di gran parte dei cittadini.

In altre città d'Europa la pubblicità è andata in giro, non senza polemiche. In Italia soffriamo della vicinanza del Vaticano che ci imbriglia e ci impedisce, complice una classe politica troppo arrendevole e ossequiosa nei confronti del clero, di diventare un paese evoluto e capace di pensare in maniera illuminata, pur conservando quei valori che sono alla base della religione, ma che garantiscano il rispetto delle differenze di pensiero e di cultura. La pubblicità dell'Uaar che circolerà prossimamente a Genova è un pubblicità illuminata, in contrasto con quella "forte" che era stata pensata all'inizio.

Mi vengono in mente le polemiche senza fine sui crocefissi nei luoghi pubblici.
La Costituzione della Repubblica Italiana nell'Articolo 8 stabilisce il principio di laicità e tolleranza religiosa. Si riconosce che la religione cristiana, in particolare quella Cattolica, è la religione principale in quanto professata dalla maggioranza dei cittadini, ma non è la religione di stato e tutte le altre confessioni hanno pari dignità.

Tenendo conto che in un ufficio aperto al pubblico, ma anche in un ospedale o una scuola vengono a contatto cristiani, ma anche atei o di altre confessioni e senza giungere agli estremi di chi dice che il crocefisso rappresenta solo un cadaverino, perché uno Stato che si proclama laico deve imporre, mostrando in evidenza, un simbolo religioso che appartiene solo a una parte dei suoi cittadini? Questo senza impedire a chi vi lavora di indossare o mostrare nel proprio ambito personale ed in modo discreto i simboli della propria cultura e religione.

mercoledì 28 gennaio 2009

Il vescovo Williamson, una spina nel fianco della Chiesa Cattolica

Ha destato enorme scalpore ed un mare di polemiche la remissione della scomunica di quattro vescovi Lefebvriani il 24 gennaio da parte di Papa Benedetto XVI.

Fra di loro il vescovo Richard Williamson, noto per le sue teorie negazioniste. Egli infatti sostiene con forza che la Shoah è una pura invenzione degli ebrei e che in base alle sue prove nei campi di concentramento nazisti son morte "appena" trecentomila persone in confronto ai sei milioni che tutti conosciamo.

Queste dichiarazioni hanno suscitato naturalmente la reazione e lo sdegno di buona parte della comunità mondiale, in modo particolare perché la sentenza di remissione della scomunica di questi quattro vescovi è giunta a pochi giorni dalla celebrazione mondiale della Giornata della Memoria in cui si ricordano appunto i morti dei campi di sterminio nazisti.

Sono note infatti le posizioni dei Lefebvriani in merito al Concilio Vaticano II in quanto non hanno mai voluto accettare quanto stabilito alla fine dei Lavori.
Fra i documenti redatti al termine dei lavori del Concilio vi è la dichiarazione Nostra Aetate che riconosce "semi di verità" nelle altre chiese cristiane e nelle altre confessioni religiose. In modo particolare questa dichiarazione contiene l'abbandono dell'antisemitismo teologico, poiché per secoli gli ebrei erano deprecati e disprezzati dalle comunità cristiane in quanto responsabili della morte di Gesù.
Queste ed altre dichiarazioni non sono mai state ricevute dai seguaci di Monsignor Lefebvre in quanto considerate troppo in distacco con la tradizione cattolica.

La Chiesa purtroppo non è nuova a passi falsi di questo genere. L'iniziativa di riaccogliere al suo interno i cristiani che hanno smarrito la strada verso la salvezza è sicuramente apprezzabile e buona e rispecchia il dettato evangelico, ma
chi ottiene il perdono ne deve essere degno.

Chi nega l'Olocausto di sei milioni di persone e lo riduce ad "appena" due o trecentomila vittime, nonostante le testimonianze di chi da quella prova tremenda ne è uscito vivo, si rende complice di un crimine terribile e come tale non è degno di far parte della comunità cristiana e soprattutto non è degno di vestire l'abito sacerdotale in quanto non solo offende un popolo, ma offende l'intero genere umano, che comprende credenti e non, ed offende le stesse basi della propria fede.

martedì 27 gennaio 2009

Un momento per non dimenticare

Oggi nel mondo si celebra la "Giornata della Memoria".

Sessantaquattro anni fa venivano liberati i prigionieri sopravvissuti al campo di sterminio nazista di Aushwitz. Ed il mondo venne a conoscenza del più terribile crimine commesso durante il periodo del nazismo. Il sacrificio di sei milioni di ebrei ed altre minoranze "indesiderate" voluto espressamente dal Fuhrer in persona e che comunemente chiamiamo "Olocausto".

Questo termine deriva dal greco holos "completo" e caustos "rogo" ed indica i sacrifici che venivano richiesti al popolo ebraico dalla Torah e che riguardavano animali. Proprio per questo motivo gli ebrei preferiscono invece utilizzare il termine Shoah che significa "calamità" e "desolazione".

Si stima, sia in base alla documentazione lasciata dai tedeschi che in base alle testimonianze dei sopravvissuti e alla statistica, che le vittime tra gli ebrei residenti in Europa siano state sei milioni. A queste vittime vanno aggiunti anche zingari, omosessuali, testimoni di Geova ed altre categorie di "indesiderabili" la cui unica colpa era quella di non essere considerati puri agli occhi del Fuhrer.
Le vittime dei campi venivano sottoposte ad ogni forma di violenza, sia fisica che psicologica. I più deboli, da un punto di vista anche più fortunati, venivano uccisi con il gas e bruciati. Spesso ad occuparsi del loro "smaltimento" nei forni crematoi erano i loro stessi compagni.
Come per gli animali, alcuni di questi cadaveri erano "riciclati". Dai capelli delle donne si ricavava il feltro e le dentiere erano una miniera d'oro. Tra le altre crudeltà imposte, alcuni prigionieri erano usati come cavie per esperimenti scientifici. Con conseguenze spesso tragiche.

Nonostante tutte queste testimonianze, alcune persone, purtroppo presenti anche all'interno delle gerarchie ecclesiastiche, tendono a minimizzare questi fatti, altri a negarli del tutto, nonostante la presenza di testimonianze attendibili, di fotografie e degli stessi Lager ancora in piedi. Monumenti alla stupidità umana che vengono visitati ogni anno da migliaia di turisti.

Si dice che la Storia dovrebbe insegnare qualcosa alle persone, invece dopo la Seconda Guerra Mondiale sono nati diversi gruppi di neonazisti, formati spesso da giovanissimi che quel perido non hanno vissuto e che inneggiano all'odio verso gli ebrei e tutte le altre minoranze etniche e religiose indesiderabili. Proprio come faceva Adolf Hitler, da queste persone considerato un vero e proprio modello al quale fare riferimento.

Nel giorno della Memoria bisognerebbe ricordare però tutti gli altri "olocausti" avvenuti anche dopo la guerra. I motivi alla fine sono sempre gli stessi. La malvagità umana che tende a considerare un'altra persona indesiderabile solo perché ha degli stili di vita, un credo religioso o semplicemente un'etnia diversa dalla propria.
Senza andare troppo lontano nel tempo, basta pensare alle pulizie etniche operate dai Serbi in Kosovo o in Bosnia Herzegovina oppure a quelle quasi quotidiane che avvengono in Africa e che troppo spesso vengono ignorate dai mezzi di comunicazione di massa. Per non parlare poi della carneficina avvenuta nei giorni scorsi in Palestina a Gaza, dove gli israeliani si sono trasformati da vittime in carcerieri (e purtroppo anche carnefici) in nome della difesa del loro Stato.

Per non dimenticare, vorrei chiudere questo post con le parole di un illustre testimone oculare, lo scrittore Primo Levi.
Sopravvissuto alla tremenda prova del lager perché essendo laureato in chimica era considerato utile al regime nazista, è rimasto vittima dell'angoscia di quella terribile esperienza. Nel suo libro "Se questo è un Uomo" ci ha lasciato queste parole:

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

giovedì 22 gennaio 2009

Un salto indietro nel tempo

Grazie alla mia amica Maria che dopo 22 anni mi ha consentito di riascoltare e, finalmente, di conoscere il titolo di una canzone.

Anche allora per un infortunio ero bloccato a casa, ingessato senza la possibilità di muovermi. Oltre a cercare di rimanere in pari con la scuola, per non annoiarmi, ascoltavo moltissimo la radio.

Tra le tante canzoni ce n'era una che mi rimase particolarmente impressa, ma il cui titolo per tutti questi anni è rimasto un mistero, anche perché riuscire a sentirla alla radio era un evento raro.

Oggi questo mistero è stato svelato grazie a Facebook e alla possibilità di condividere link e video.

La canzone era di un gruppo tedesco chiamato Propaganda, attivo fra il 1980 e il 1995. Il titolo è Duel e parla dell'ultimo atto di una relazione fra due persone, finita evidentemente male.





Propaganda - Duel

Eye to eye stand winners and losers
hurt by envy, cut by greed
face to face with their own disillusion
the scars of old romances still on their cheeks
and when blow by blow the passion dies sweet little death
just have been lies the memories of gone by time
would still recall the lie

the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming

it's too late the decision is made by fate
time to prove what forever should last
whose feelings are so true as to stand the test
whose demands are so strong as to parry all attempts
and when blow by blow the passion dies sweet little death
just have been lies the memories of gone by time
would still recall the lie

the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming

the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming
the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will have you on your knees
you start bleeding I start screaming
the first cut won't hurt at all
the second only makes you wonder
the third will leave you on your knees
you start bleeding I start screaming

(C) 1985


mercoledì 21 gennaio 2009

Chiude la "Libreria del Giallo"

C'ero andato la prima volta nell'autunno del 2007 per assistere alla presentazione del libro di Patrick Fogli "Fragile" che veniva presentato da Marcello Fois che, oltre ad essere una delle migliori penne in Italia per quanto riguarda gialli e noir, è anche una mia vecchia conoscenza.

Tutte le volte che ci sono andato, dopo, ho sempre trovato la stessa atmosfera di aggregazione e di convivialità che nasce dal fatto di riunire in modo informale gente accomunata dalla passione per la lettura insieme agli scrittori che lì si riuniscono per essere a contatto con il pubblico e capire quali sono i suoi desideri.

Ora questa libreria, che è a Milano vicino all'Arco della Pace, chiude e vende i libri al 30% di sconto. Chiude con buona pace della Cultura che muore ogni giorno di più. Chiude come probabilmente chiuderanno tante altre librerie a vantaggio della cultura globalizzata e di grandi e purtroppo asettiche librerie dove l'unica interazione che si ha con un impiegato è quella di farsi aiutare a cercare un libro, attendere pazientemente che questi digiti il titolo su un computer e, dopo essere scomparso per qualche minuto dietro uno scaffale, ritorni con il libro che si cercava.

E questo purtroppo accade spesso con la complicità o il tacito assenso di amministrazioni comunali sempre più strette da debiti e costrette a fare cassa sacrificando quste piccole realtà a favore di attività che garantiscano affitti più redditizi, sena considerare i sacrifici di chi, per passione, spesso vende la propria casa per poter intraprendere l'attività che sognava da tempo.

Per chi fosse interssato e si trovasse a Milano, la Libreria del Giallo si trova in via Peschiera 1, poco lontano dall'Arco della Pace.

martedì 20 gennaio 2009

Scusate per l'assenza

Dunque, dove eravamo rimasti?
Ai sogni notturni un po' strani. Poi una lunga pausa.
Questi giorni sono a casa, bloccato con una spalla rotta a causa di uno scivolone sul ghiaccio.
Fino al 5 febbraio dovrò rimanere con un braccio al collo, utilizzando quello sano per fare tutto quello che si riesce a fare con un braccio solo.
La pausa aiuta la distensione, il pensiero.
Non potendo uscire di casa, salvo che per gli esami che consentiranno di verificare che il danno si stia riparando, posso solo dedicarmi con calma alla lettura di libri e di giornali. E anche al cazzeggiamento al PC così son passato a togliere le tre o quattro dita di polvere che nel frattempo si erano accumulate qua dentro...