domenica 26 aprile 2009

Estati lontane e vampiri

Leggendo questo post non ho potuto fare a meno anche io di ricordare le mie estati ormai lontane passate a casa dei miei cugini in Sardegna.


Ho passato a casa loro periodi più o meno lunghi da quando avevo circa otto anni fino alla fine degli anni '80. A loro sono molto legato e di quelle vacanze conservo piacevoli ricordi.


I primi anni furono un po' traumatici per la verità. Io, figlio unico, arrivavo dalla città e mi ritrovavo in un contesto di paese con abitudini molto diverse rispetto alle mie. E naturalmente all'inizio mi trovavo un po' disorientato. Mi ritrovavo a svolgere una specie di "servizio militare" in cui ero la recluta e i cugini, in cinque tutti maschi, i nonni. Infatti, tutti più grandi di me, anche se uno solo di pochi giorni, facevano "branco" insieme per combinarmene di tutti i colori. Non certo con cattive intenzioni ma, presumo, con l'intento di togliermi un po' del guscio cittadino che mi avviluppava.


Uno dei tanti scherzi su cui ancora oggi amiamo soffermarci a fare quattro risate quando ci troviamo insieme era quello in cui volevano farmi credere che l'appartamento disabitato della casa dove abitavano e che veniva usato come soffitta fosse abitato da vampiri.


Avevo un po' di razionalità allora, che mi era stata inculcata e che mi faceva credere che tali esseri malvagi fossero solo il frutto dei racconti delle favole e che servissero solo per spaventare i bambini disobbedienti o, semplicemente, quelli che il pomeriggio dei giorni di sole non volevano stare rintanati in casa nelle ore di maggior caldo e volessero uscire a giocare lo stesso. In Sardegna di questi spiriti ne esistono svariati ma, a ben vedere, forse anche in altre regioni e Stati si tende a fare la stessa cosa.


Comunque, forte della mia cultura cittadina, non volevo assolutamente credere a questa presenza maligna. Mi era stato detto che un'intera famigliola si era installata al piano di sopra, proprio sopra la stanza dove dormivo io. Una famigliola di cui si conoscevano addirittura i nomi. Anselmo il babbo, Brigitta la mamma vampira e, ultimo, Succhiotto il figlioletto.


Bisogna dire, a onor del vero, che più sentivo parlare di queste presenze, più queste mie certezze si sfaldavano. I miei cugini si erano organizzati molto bene per architettare lo scherzo. Sotto la regia del fratello più grande, i bricconi avevano organizzato la trappola finale che avrebbe dovuto far saltare le ultime difese. Nella stanza dove era supposta la presenza dei vampiri avevano sistemato degli oggetti, tra cui una carrozzina per bambini. Oggetti che, manovrati nella penombra, avrebbero dovuto far intuire la presenza di esseri.


Sistemata la trappola, venni convocato alla presenza di Anselmo e della di lui famiglia. Fui accompagnato perché per la verità ero un po' dubbioso. Ma i dubbi dovevano essere fugati o confermati. Quando arrivai nella stanza dei misteri, al cospetto di Anselmo ci furono dei rumori e delle voci. Qualcosa si mosse e anche le mie ultime difese razionali saltarono. Feci uno scatto verso la porta di uscita e mi diedi ad una fuga precipitosa per le scale. Quando sentii la risata dei cugini ebbi una certezza. Sì ebbi la certezza che ero cascato in uno dei loro tranelli.